martedì 16 dicembre 2014

Phone Centers (Torino 2004 - 2007).

Questo progetto intende raccontare la vita all'interno dei phone centers torinesi, luoghi fondamentali per gli immigrati in quanto,  oltre ad essere un  punto di aggregazione, permettono la comunicazione con il paese d'origine e il trasferimento veloce di denaro. Purtroppo questi luoghi sono stati più volte sottoposti a tentativi di chiusura o a restrizioni da parte dell'amministrazione comunale poichè accusati di essere fonte di disturbo e di pericolo per i cittadini italiani.









Vado spesso a telefonare nei phone centers intorno a casa mia.
Un giorno Billy, del Corno d’Africa si sofferma a scambiare due parole con me. Mentre si accinge ad alzare la cornetta, mi saluta dicendomi: "Ciao, io vado a casa" e si rinchiude per 50 minuti nella cabina afosa dove le sue parole rimbombano troppo forte per non essere sentite e diventano di dominio pubblico, ma a lui non importa. 
In quel momento esiste solo l’emozione di "tornare a casa".
I miei affetti sono sparsi per il mondo: mi sento in qualche modo vicina a queste persone così scisse dalle proprie radici.
Sono catturata dalla nostalgia che si respira in questi luoghi, ma anche dall’allegria, dal senso di  appartenenza ad una comunità, dal tempo che passa, dalla vita che sembra una roccia difficile da scalfire.
Decido di ritrarre questo mondo di emozioni, parole, suoni a me incomprensibili, ma dolci, dove l’esistenza e gli affetti sono appesi ad un filo.

La fotografa, Torino 2004.


















"Caro paese,

eccomi lontano da te, e già qualcosa di te mi manca; nella mia solitudine penso a te alle persone che ho lasciato, a mia madre, soprattutto. Cosa starà facendo mentre ti scrivo? E Kenza? Non tarderà ad arrivare, a meno che oggi non sia una delle sere in cui è di guardia…..

I miei amici, invece, riesco a immaginarmeli bene, saranno al caffè. Rachid, di ritorno, non dice niente, mentre gli altri sono intenti a giocare a carte, pensano che ho avuto molta fortuna, mi invidiano. Mi sembra di sentirli, parlano di me in modo acido. È da pazzi, lo so, ma avrei voglia di essere lì con loro, anche solo per un’ora, per poi tornare qui. No, invece, no; non ho voglia di tornare, neanche per un’ora…..

 Devo smetterla di pensare a te, alla tua aria, alla tua luce…Ora sono in camera mia, sa un po’ di chiuso, c’è solo una finestra e non oso aprirla; confesso che sono deluso; mi sento insofferente, svuotato, stanco, il cambiamento di clima, e poi la paura, la paura delle novità, la paura di non essere all’altezza….Ora proverò ad addormentarmi pensando a te, mio amato paese, mia cara e generosa inquietudine".


Citazione tratta da Partire di Tahar Ben Jelloun.






































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